CARMELA MAZZA |
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La tesi di laurea TESSERE A LONGOBUCCO: una storia di vita, riporta un'intervista alla signora Carmela Mazza, protagonista e maestra dell'intero lavoro qui rappresentato. Questa intervista rappresenta il contatto più vicino al mondo della tessitura. L'intervista riporta la storia di vita di una delle poche tessitrici rimaste a Longobucco. Una storia che riflette mille storie di vita, di tessitrici che un tempo rappresentavano la linfa vitale del paese. L'intervista si propone come mezzo efficace e trasparente per esaminare il significato del telaio nella cultura di riferimento (Longobucco), portando in luce proverbi, canti, usanze, tradizioni e modi di vita che hanno accompagnato ed accompagnano da secoli l'uso del tessere. Inoltre, l'intervistata ci spiega in modo minuzioso e dettagliato la struttura fisica del telaio, i vari processi che precedono e seguono la lavorazione del tessuto ed infine si arriva al punto più importante della ricerca: le differenze tra la tessitura di ieri e di oggi, i nuovo tipi di lavori realizzati spesso con disegni estrapolati dagli antichi tessuti del luogo oppure con originali e nuovi disegni, i vari utilizzi di questi nuovi lavori alcuni creati dalla nostra stessa tessitrice. |
Ci può descrivere brevemente il suo “percorso di vita” nella tessitura? |
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“Da bambina stavo spesso con zia Maria a Triricina, che insegnava al consorzio provinciale per l'istruzione tecnica dove vi erano tre tipi di corsi: tappeti annodati, ricamo, tessitura. A dieci anni sedevo per la prima volta nel telaio. Ricordo che a causa delle mie gambe ancora troppo corte non arrivavo a congiungere i piedi ara peracchja (alla pedaliera). Benché per entrare nel corso bisognava aver compiuto quattordici anni, mia madre e zia Maria a Triricina , vedendomi attratta dal tessere decisero di farmi seguire ugualmente il corso. A diciotto anni ero assistente al corso nella categoria dei tappeti annodati, a venti, diventavo insegnante di pratica. Ricordo che durante il corso si producevano tantissimi e stupendi panneggi che chissà in quale mostra saranno finiti. Nel '77 i corsi iniziarono ad essere gestiti dalla Regione Calabria. Il nuovo sistema legislativo permetteva di insegnare solo a coloro che avessero acquisito il titolo di studio delle scuole medie, così alcune insegnati (di una certa età) senza questo titolo di studio, si rifiutarono di riscriversi a scuola e furono così rimosse dall'incarico d'insegnanti o declassate a bidelle. Tutto questo portò a un declino del “titolo” di insegnante, infatti, prima le insegnanti venivano scelte personalmente dal sig. Guarascio (dirigente del corso) secondo il grado di preparazione, adesso invece veniva stipulata una graduatoria in base al titolo di studio ed in base al titolo di “capo famiglia”. Tra le donne del paese ci fu una gara per passare “capo famiglia” e quindi per entrare in graduatoria. In un primo tempo mi trovai seconda in graduatoria a causa della scomparsa di mio padre, poi sbalzai al ventitreesimo posto. Ai primi posti passarono le donne con maggiore età. Una vera ingiustizia si abbatté verso chi aveva realmente diritto ad entrare in graduatoria, infatti vari esponenti della pubblica amministrazione locale “raggirarono” il giusto e corretto metodo di classificazione nella graduatoria. Sbalzata indietro nella graduatoria mi trovai costretta ad insegnar fuori paese, precisamente a Calopezzati. Purtroppo a quei tempi la mentalità delle nostre mamme non era cosi “aperta” come quella di oggi, così mia madre non mi permise di insegnare fuori paese. Per diversi anni ricevetti tante lettere di proposte di insegnamento in varie scuole di tessitura della provincia di Cosenza, ma rifiutai sempre, poiché essendomi sposata decisi di dedicare più tempo alla famiglia. Ad ogni modo, continuai a tessere in casa e, ancora oggi, continuo a tessere per passione ed in minima parte anche per guadagnare. Insomma, sicuramente l'arte del tessere, per me, è stata un modo di potermi realizzare nella vita!” |
Quante ore dedicava al telaio da ragazza? Cosa la spinse ad intraprendere questa via ? |
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“Dalle prime luci dell'alba ero già nel telaio fino alle otto del mattino, poi andavo al corso di tessitura e già nel primo pomeriggio ero nuovamente a casa a lavorare al telaio fino a tarda sera. Innanzitutto, il telaio rappresentava il pane per i nostri denti oltre una grande passione. La tessitura è stata tra i più importanti antichi mestieri di Longobucco. I lunghi inverni isolavano il paese da qualsiasi contatto commerciale, così si produceva il minimo indispensabile e la gente del luogo si specializzava ognuna nei mestieri più ricorrenti alla sussistenza quotidiana: mulattiari (mulattieri), mannisi (segantini), carbonari (corbonai), seggiari (seggiolai), faligmami (falegnami), mastri cusituri (sarti), scarpai (calzolai), varrilari (barilai), furgiari (fabbri), quarari (stagnini), mulinari (mugnai), nivari (conserva della neve), crapari, pecurari e vaccari (pastori).” |