La tessitura in Calabria
   

 

Si deve principalmente alla sua posizione geografica e al suo stretto rapporto con la civiltà pastorale e contadina se la Calabria è tuttora ricca di autentiche manifestazioni di tradizioni popolari.

L'origine della tessitura in Calabria è fra le più antiche, lo dimostrano i tanti “contrappesi” da telaio in terracotta ritrovati durante gli scavi archeologici effettuati ad Amendolara (alto Jonio cosentino), risalenti al settimo/sesto secolo a.c.

La presenza nella regione di alcuni innesti stabili di minoranze etnolinguistiche di origini remotissime (Grecanici) o di lontana provenienza nel senso delle affinità culturali (Occitanici e Albanesi), rende ancor più prezioso il panorama della tradizione.

Fra i vari prodotti artigianali, in Calabria, al primo posto troviamo sicuramente la tessitura:

“ La Calabria prima di essere bizantina, fu italo- greco; e senza vagare nella leggenda si può addirittura pensare alla Magna Grecia, tanto vive sono le tracce dell'arte classica, austera, gustosa policromata, nell'arte fondamentale delle nostre tessitrici ” ( A. Frangipane “ I tessuti di Cerzeto”, in Brutium , n. 1, 1961 ).

Diffusa ancora oggi, su quasi tutto il territorio regionale, con peculiarità che variano da zona a zona, la tessitura é la produzione artigianale che meglio di altre rappresenta le diverse “anime” culturali della regione .

Tiriolo e Badolato in provincia di Catanzaro, sono note soprattutto per la lavorazione di scialli detti “vancali” , per la produzione delle “pezzarre” tessuti a strisce multicolori utilizzati come tappeti o come decorazione delle pareti e per la lavorazione della lana e della seta tessuti in telai a mano di tipo quattrocentesco.

Bova in provincia di Reggio Calabria, rientra nelle forme dell'artigianato grecanico che si esprime nella tessitura e nella cosiddetta “ arte dei pastori” . I tessuti dell'artigianato grecanico vengono quasi sempre prodotti nella forma di teli rettangolari che cuciti a tre a tre costituiscono le coperte: “vutane”. Dal punto di vista del disegno le forme più comuni sono: il mattunarico, il telizio, la greca, il greco, le muddare . I più consueti motivi di questi disegni vanno ricercati nell'arte bizantina, arte che pur lontana da ogni codificazione documentaria nei paesi della Calabria, si è consolidata nella società povera ed incolta solo per una trasmissione orale. Per la tessitrice i motivi ispiratori erano gli affreschi delle madonne e santi esistenti nelle grotte o nelle chiesette bizantine. L'analisi dei disegni, sia nella geometricità che nella stilizzazione delle forme, denota un'interpretazione popolare di un'arte di per sé semplice e povera nella sua espressione calabrese. La maggior parte di essi era una riviviscenza dei simboli chiave dell'ellenismo con una sovrapposizione di segni religiosi, quale la croce greca, che pur in diverse stilizzazioni è quasi sempre presente nel reticolo ornamentale.

A Chorio di Roghudi, Roccaforte del Greco e Gallicianò di Condofuri vengono prodotte ancora poche coperte di ginestra e la lavorazione segue tecniche antichissime.

A Caccuri in provincia di Crotone, si realizzano coperte di lana con disegni tradizionali.

A Cariati in provincia di Cosenza, vengono realizzati tappeti e coperte con tecniche arabe. Le coperte delle tessitrici cariatesi si distinguono per i colori luminosi e vivaci, che prendono spunto dal paesaggio locale.

A Gimigliano, Torrevecchia e Castel Silano si producono coperte e centri tavoli con motivi geometrici astratti.

A Bivongi, Polistena e Palizzi vengono prodotte le “pezzare”, coperte ottenute con il riciclaggio di vecchie stoffe colorate.

In alcuni paesi della provincia di Cosenza come Cerzeto, S. Giacomo, Cavallerizzo e S. Martino di Finita, verso la fine del '400, si rifugiarono gli esuli albanesi fuggiti dalla propria patria invasa dai Turchi. Questi mantennero gelosamente sia il mito del loro eroe Scanderbeg, sia la lingua albanese ancora parlata, sia usi, costumi e forme d'arte che, per quanto riguarda la tessitura, a prescindere dalla tecnica uguale quasi ovunque, trovano la loro ragione d'essere nella tradizione della patria balcanica. Forme e disegni che richiamano anche le vicissitudini di queste popolazioni sradicate dalla propria patria : la barca richiama il viaggio dall'Albania, la lancia e lo scudo le armi dei guerrieri, l'aquila l'immagine di Scanderbeg, il principe che li ha guidati e che fu loro capo.

In questi paesi i tappeti, gli arazzi, le coperte, i vancali, i copri-tavolo, i cuscini e le moderne applicazioni come le borse o le gonne, hanno tutti caratteristiche proprie, differenziandosi dai prodotti di altre zone calabresi.

S. Giovanni in Fiore, antica cittadina silana, rispecchia un posto particolare nel settore della tessitura perché è l'unico centro in Italia dove si realizzano i tappeti orientali. Tappeti fatti con la stessa tecnica, la stessa attrezzatura, gli stessi accorgimenti usati dai fabbricanti orientali. Tappeti uguali a quelli che si ammirano nelle moschee o sui pavimenti di signorili dimore e che rispondono al nome di Bukara, Isfahan, Kankes, Sparta, Kabishan, Turkmen, Tebriz e così via.

Qui sorge, dal 1952 la “Cooperativa Artigiana Forense”.

Il telaio è quello classico orientale, quindi verticale. I modelli che vengono realizzati nella Cooperativa Artigiana Florense sono circa 300, tutti originali orientali. Come i cartoni e i disegni, un tappeto orientale deve mostrare lo stesso disegno al positivo e al negativo, cioè davanti e dietro. Ogni tappeto in lavorazione ha la sua scheda, sulla quale giornalmente viene annotato l'andamento della lavorazione stessa. Quando il tappeto è finito viene lavato in soluzione chimica, quindi asciugato all'aria aperta al sole. In inverno nel locale attrezzato con ventilatori. Quando il tappeto è asciutto inizia l'operazione rasatura , che viene fatta a mezzo di cesoie, per pareggiare i ciuffi.

Questi paesi celebrano e decantano per le spole, per i tessuti e per le loro qualità:

“O acquila chi parti di lu cielu posati a ‘nncurunà li tessituri

!Tu fermati pè prima a Curigghianu chi teni lu tilaru fili d'oru.

A Cariati pua tu ti ‘ni vuli chi tesse li coperte e li suttani.

E aza puà nu maestusu vulu, a Lonnivuccu chi spanne furesti cu juri e cu farfalli arriccamati da fati chi sunnu sempi ‘nfesta ‘nfaccia a chiru Diu chi l'à criati.

‘Ntuomu Sammarcu luce lu lavuru, e Tarsia à rubini pe' filati,

Castruviddari ha campi di vammaci ma ‘ntona Catanzaro ‘na canzona, e ‘ntuornu ‘ntuornu s'adunanu li filati.

La sita canta! E tutta ‘na curuna, di tilari s'allumee fingh'a Fussatu.

Cusenza si ricogghie li bellizzi e di ricami s'adorna li trizzi! Tesse Muntauru e tesse Carpazano tesse Ruglianu la tila di linu ma si vò panni finu, a jre a Laurignanu.

E si Laurignanu ‘nun t'invita tu vattinni a lu Cirzito.”